L'Artista

L'Artista dedito

alla gloria dell'arte

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Studente al Liceo Artistico di Torino

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Con i compagni di Brera

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Con i compagni di Brera

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Nella Gipsoteca

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Nel cortile di Brera

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Manifesto Alfaromeo 1936 - per il XIV Gran Premio di Monza

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Mostra personale Galleria Tamanza Bergamo - 1945 - “L’antiquario”

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Mosaico nell’atrio della scuola media “G. Camozzi”

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Sottotenente di Fanteria

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Con un commilitone a Chieti 1941

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A Palena (Chieti) nel 1941

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Con gli alunni della scuola media “Petteni”

Michele Agnoletto

Artista dedito alla gloria dell’Arte

 

 

 

Quando, diversi anni fa, incontrai per la prima volta il pittore Michele Agnoletto, venni subito attratto dal sincero sorriso che illuminava il suo volto, espressione di un animo ricco di bontà, di cortesia, di affabilità.

E nell’esaminare le sue opere allora esposte in una personale, mi tornò naturale dire a me stesso:

 

“Ecco un artista autentico, un pittore-scultore che per davvero ha compreso nella sua essenzialità i valori dell’arte figurativa; un artista che saprà donare alla storia dell’arte bergamasca, benché egli sia bergamasco solo di adozione, un importante, indiscutibile e prezioso contributo”.

 

A tutt’oggi non mi ritengo di essere stato, in quegli anni, facile profeta o indovino, poiché la visione dei dipinti e delle sculture di Agnoletto rivelavano per loro stesse le meravigliose caratteristiche di quelle opere realizzate all’insegna di una creatività innata, di una fantasia che non si allacciava a varie congetture frutto di superficialità espressiva, bensì ad una esperienza maturata lentamente con il passare del tempo e sempre più consona alla manifestazione di una personalità unica e inconfondibile.

 

Riproponendo la visione delle opere di Michele Agnoletto, nella ricorrenza del 20° anniversario della sua morte (avvenuta a Bergamo il 16 giugno 1984 quando egli aveva 72 anni), attraverso una antologica disposta con accurata scelta tra i dipinti e le sculture che egli ci ha lasciato, giunge chiaro all’evidenza il “lavoro” che questo artista ha compiuto nel corso della sua attività professionale.

 

Nato a Bassano del Grappa il 3 marzo 1912, Michele Agnoletto prese a sviluppare la sua inclinazione verso le arti visive frequentando dapprima gli studi artistici a Torino e a Milano, specificatamente presso il Liceo Artistico dell’Accademia Albertina e la Scuola Professionale d’Arte Cristiana, quindi la Scuola Superiore d’Arte al Castello Sforzesco e l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si è diplomato nel 1939 sotto la guida del maestro Aldo Carpi.

Da qui si può comprendere come la formazione culturale particolarmente orientata alla pittura e alla scultura abbia avuto per Michele Agnoletto una importanza di prim’ordine. I suoi insegnanti d’Accademia ben seppero indirizzare al meglio il loro alunno verso la conquista di una completa conoscenza del disegno e delle tecniche indispensabili per l’uso del colore e della plastilina. In particolare a questi insegnanti va riconosciuto di aver compreso in pienezza le doti naturali e le naturali predisposizioni di Agnoletto a tradurre in atto immagini visive che il giovane studente sin dall’inizio fu capace di manifestare essere in suo pieno possesso. In caso contrario i docenti non avrebbero per nulla assecondato il desiderio dell’alunno a proseguire su una strada che a lui non si confaceva affatto. E questo non è avvenuto mai. Anzi, i suoi insegnanti non mancarono di incoraggiamenti per il loro allievo.

 

Arricchito, quindi, da queste lezioni d’Accademia, e oltremodo intenzionato a renderle proficue Michele Agnoletto, mosso da un generoso entusiasmo tipico della sua età, ha iniziato il suo cammino artistico ponendo alla base quel figurativo classico che gli era stato insegnato, ma cercando di non rendersi succube di un accademismo fatto di semplice imitazione degli stilemi propri dei suoi docenti. Gradatamente si è costruito la sua personalità per uscire da un anonimato che non avrebbe per nulla giovato al dovere di imporsi con un suo specifico stilema.

 

In tal modo Michele Agnoletto è riuscito perfettamente a contraddistinguersi e ad imporsi nel novero degli artisti suoi contemporanei, non per futile vanagloria o per desiderio di pubblicità che può avere la durata di una moda passeggera, bensì per un devoto omaggio all’arte. La quale non domanda all’artista che sia egli stesso a trarre vantaggio dalle sue opere, ma che sia l’arte stessa ad essere glorificata tramite l’apporto necessario e indispensabile di chi la realizza. E dire che Michele Agnoletto ha “lavorato” per la gloria dell’arte è fare semplice constatazione, poiché egli era schivo per natura, umile e dignitoso nello stesso tempo, cosciente di essere “bravo” ma non per questo superbo e altezzoso. Chi lo ha conosciuto di persona certamente lo afferma e lo conferma. E lo confermiamo pure noi non per un elogio “post mortem” che, in certo senso, non viene negato a nessuno, ma perché Michele Agnoletto ha voluto che fossero le sue opere a parlare di lui e a tesserne gli elogi e gli apprezzamenti. Tutti noi, ora, possiamo veramente affermare che Agnoletto ci comunica non con la sua voce bensì con i suoi dipinti e le sue sculture che non finiremo mai di ammirare per apprezzarle nei loro più espliciti valori artistici.

In che cosa consistano, poi, questi valori artistici, non è difficile qui mettere in risalto.

 

Iniziamo con l’esame della perfezione del disegno che Michele Agnoletto ha realizzato con somma attenzione e, diremmo, con severa scrupolosità.

E’ un disegno che ha come fondamento, e lo abbiamo ricordato, il figurativo classico appreso durante i suoi studi all’Accademia. Si faccia però attenzione ad una importante osservazione. Michele Agnoletto è un artista figurativo, e ben lo sappiamo, ma il suo stilema si risolve in un figurativo moderno, meglio definito come “neo-figurativo” in quanto si avvale di una nuova concezione della figurazione. Per ogni artista, anche se astratto o informale, la conoscenza e l’esercizio del disegno classico è di assoluta necessità poiché non si può costruire una immagine pittorica o scultorea senza tener conto della collocazione delle masse, l’armonia costruttiva, l’equilibrio del soggetto o dei soggetti presi in esame.

Realizzando, poi, un neo-figurativo, l’artista avrà modo di giocare a suo piacimento poiché le immagini da lui costruite, pur non uscendo da un alveo che le qualifica sul piano figurativo stesso, assumono una libertà segnica maggiormente rispondente alla cultura a lui coeva. Con ciò intendiamo dire che un artista neo-figurativo, come Agnoletto, non scende più nella illustrazione dettagliata del segno in quanto tale poiché gli basta esprimersi con l’essenziale, purché tutto ciò sia rispettoso di quelle norme che qui sopra abbiamo riferito, e che riguardano appunto la struttura, le prospettive, le disposizioni dei piani.

 

Ecco, allora, nei dipinti di Michele Agnoletto , sia che debba trattarsi di opere ad olio o acquerello, oppure con altre tecniche, questa perfezione del disegno che si muove in piena libertà senza più preoccuparsi del dettaglio a rifinitura, in quanto la concettualità contenuta nell’immagine rappresentata è già in se stessa completa. In tale contesto, ed è logico, concorre anche l’esperienza , cui si è qui sopra accennato; ma l’esperienza procede da uno studio assiduo, impegnato e costante, per il fatto che essa diviene acquisizione dopo lungo periodo di tempo. Conoscendo pertanto le opere di Michele Agnoletto dobbiamo solo dire che egli è stato più che mai diligente nella sua quotidiana applicazione perché il disegno non avesse in alcun modo a mo-strare difetti, imprecisioni, ripensamenti.

 

In secondo luogo è da prendere in esame il colore che, per i dipinti, diviene la necessità. E in questo caso, lo ribadiamo, gli studi dell’Accademia hanno lasciato la loro “impronta”. L’uso della tavolozza non lo si improvvisa, soprattutto se l’artista vuol offrire proprio con il suo cromatismo la sua esclusiva indipendenza dalla tradizione del passato. Anche a tale riguardo Michele Agnoletto ha voluto dimostrare di stare al passo dei tempi. La cultura contemporanea esige pure dagli artisti che la loro capacità nell’uso del colore manifesti qualcosa di nuovo così da poter donare un contributo che, senza disdegnare gli insegnamenti dei grandi maestri dei secoli scorsi, possa testimoniare un impasto cromatico fatto di scioltezza, di immediatezza quasi, così come i pittori impressionisti hanno validamente dimostrato. E una certa influenza impressionistica nel cromatismo di Michele Agnoletto non la possiamo sottacere.

I suoi “colpi” vivaci di pennello, le sue più che sicure spatolate, la sua autonomia cromatica, sono agli occhi di tutti. Il che sta a significare che Michele Agnoletto non è stato a guardare o, peggio, ad imitare gli esempi dei grandi artisti che lo hanno preceduto ma che, al contrario, si è fatto egli stesso pittore di in-dubbie capacità nel ricavare dalla sua tavolozza le essenziali tonalità da accentuare o da contrapporre, a seconda dei casi, per un dipinto dagli accenti costituiti da vere armonie liriche.

 

E se ci è permesso un paragone diremmo che i colori di un dipinto sono come le note di un brano musicale.

I colori sono sempre gli stessi così come le note musicali non sono più di sette, ma combinare in armonia descrittiva gli uni e in armonia uditiva le altre spetta all’artista pittore e all’artista musicista. Sono proprio questi due artisti, nella loro specifica creatività, a donarci sì anche delle composizioni che si allineano al tradizionale, e non è certo un difetto, ma che si rendono contemporanei con dipinti e brani musicali meglio confacenti alle esigenze della cultura del nostro secolo.

Studiando poi le sculture di Agnoletto, l’esame ora proposto per il disegno e la pittura in certo senso può divenire ripetitivo. Infatti le specifiche caratteristiche dell’arte pittorica per Agnoletto si riflettono nella sua arte scultorea. Logicamente va qui sottolineata la differenza tecnica e strutturale delle sculture, sia che esse vengano da Agnoletto realizzate in basso o altorilievo oppure a tutto tondo. In tal caso ecco in queste opere l’attenzione rivolta alla plasticità delle forme, al loro movimento, all’ordine com-positivo, per una eleganza estetica che, per le figure in particolare, sia espressione di equilibrio e di perfetta osservanza dell’anatomia. Le “cadenze” devono susseguirsi tra loro con naturalezza e omogeneità, senza forzature di sorta, quasi ad offrire l’illusione che quel soggetto fatto di bronzo, o di qualsiasi altro materiale, sia per davvero “vivo” e capace di esprimersi. Michele Agnoletto è riuscito pure in questo, dando a vedere che egli è stato artista completo, e che nessuna difficoltà gli ha impedito di essere pittore e scultore validissimo nello stesso tempo.

 

Per ultima rimane una riflessione, per certi aspetti la più importante, cioè l’interpretazione delle immagini che Michele Agnoletto ha portato sulla tela oppure che ha scolpito nella materia, oltre al messaggio che ha voluto inserirvi. Finora si è parlato unicamente degli aspetti tecnici dell’arte di Agnoletto, aspetti assolutamente indispensabili per costituire un’opera d’arte, ma non sufficienti. Noi possiamo trovare dipinti e sculture che sul piano del disegno, l’uso del colore o della plastilina, sono tecnicamente ben eseguiti, che però mancano di poesia, di anima, di vita e che, pertanto, non possono essere classificati come artistici nel vero senso della parola. E’ a tale riguardo, quindi, che il discorso sulle opere di Agnoletto si fa interessante.

Interpretare un soggetto da rappresentare in arte visiva significa donare a tale soggetto un’idea da trasmettere, un messaggio da comunicare, il tutto in forma poetica per il fatto che la poesia è il vero “personaggio” da scoprire e da contemplare. Si tratta di un personaggio che non si vede e che non si sente, ma che si cela nell’immagine stessa esaltandola nella sua identità, nel suo intimismo, nella serie di emozioni che può e che deve suscitare. Il tutto in un contesto che definiremmo a carattere spirituale poiché qui ogni banalità va esclusa, intendendosi per “banalità” tutto quanto non eleva l’animo dell’artista, prima, e del fruitore, poi.

Michele Agnoletto che, come accennato, già al primo nostro incontro personale si era presentato “con un sincero sorriso espressione di un animo ricco di bontà, di cortesia, di affabilità”, proprio tutto questo riporta nelle sue opere. Il suo messaggio è esclusivamente un messaggio all’insegna di quell’umanesimo che sa trasfigurare e che dalla materia si innalza per giungere alle vette di una esaltazione dell’uomo, della natura e delle cose, così da lasciare nell’animo di ciascun attento osservatore dei suoi dipinti e delle sue sculture un preciso anelito ad ideali sublimi.

 

Le figure di Agnoletto, adolescenti o ragazze che siano, allo stesso modo dei ritratti, portano alla ribalta un mondo fatto di soavità, di dolcezza, anche di estetica bellezza, dove ognuno dovrebbe rispecchiarsi per trovare la gioia del suo spirito e la serenità della sua vita. Non è il mondo della cattiveria, della violenza o dell’odio che Agnoletto vuol presentare ma, al contrario, il mondo dell’amore, della fraternità, della pace. E’ il suo “umanesimo” che qui egli viene ad indicarci con la freschezza di queste sue “creature” le quali ci parlano con linguaggio convincente e suadente, riflesso del suo stesso animo che a tutti dava a vedere come inondato da una indescrivibile gioia interiore.

Non da meno sono i paesaggi, le nature morte, le scene di genere interpretate da Michele Agnoletto. Qui ci troviamo di fronte ad un mondo che viene a confermare il suo umanesimo, poiché il silenzio delle campagne, la suggestiva visione delle colline e dei monti, gli animali stessi che vi abitano, i cavalli in libertà o le mucche al pascolo oppure all’abbeveratoio, sono l’incanto di una natura che la luce in pieno giorno, all’alba, al crepuscolo o in pieno meriggio, e quella che si diversifica nelle varie stagioni dell’anno, conduce a scandire il ritmo del tempo in un’estasi che sa di romanticismo sì ma, soprattutto, che invita al raccoglimento e alla lode del Creatore.

Non sembri fuori posto quest’ultima annotazione.

Michele Agnoletto con le sue opere a carattere sacro vuole espressamente completare ulteriormente il suo umanesimo giungendo così a quello che alcuni letterati ispirati al cristianesimo hanno definito “umanesimo integrale”. Era necessario e indispensabile per Agnoletto giungere a queste interpretazioni del soprannaturale e del mistero nel quale il soprannaturale è avvolto. Già la sua fede cristiana, convinta e coerente, lo inclinava all’interpretazione di scene e figure sacre, ma tale inclinazione ha avuto un incoraggiamento, se così possiamo dire, dai suoi studi giovanili alla Scuola professionale d’Arte Cristiana a Milano, come si è detto.

 

Approfondire la tematica sacra ha costituito per Mi-chele Agnoletto l’attuazione del suo desiderio di esaltazione delle nobili virtù dell’uomo quali l’amore, la confidenza, l’intercomunicabilità, per ottenere in pienezza l’uomo nella contemplazione del divino. Qui sta appunto il realizzarsi del suo umanesimo integrale. Senza questo l’arte di Agnoletto ci apparirebbe sicuramente mancante o deficitaria di “qualcosa”. E lui, da artista in tutto completo proprio per-ché interprete di soggetti a carattere profano e sacro, ha intuito che l’umanesimo sul piano unicamente fermo alla materia dell’uomo, della natura e delle cose, abbisognava di una integrazione per dare all’uomo, alla natura e alle cose, l’unico significato della loro essenza ed esistenza. Ed ecco, pertanto, la sua disponibilità ad entrare nel segreto del mistero soprannaturale con raffigurazioni del Cristo, della Madonna e dei Santi, oppure di scene tolte dall’Antico o dal Nuovo Testamento, così da donare alla sua creatività artistica la soddisfazione di una conquista che, purtroppo, non è di tutti gli artisti, pittori o scultori che siano.

Esprimersi con proprietà di linguaggio e, in particolare, con serietà tramite le arti visive per ciò che concerne l’arte sacra non è compito facile. Qui non bastano la perfezione del disegno, l’armonia dei colori, le varie tecniche per le impostazioni strutturali e prospettiche, poiché per l’arte sacra si richiede una personale convinzione per tutto intero il mistero cristiano della redenzione. In una parola, si richiede la presenza della fede nell’artista. In Michele Agnoletto, lo ribadiamo, la fede non è mai venuta meno, e da questa egli ha avuto ispirazioni, suggerimenti, incoraggiamenti, perché le sue opere avessero a manifestarsi come aiuto alla devozionalità di quanti tali opere avrebbero ammirato e davanti alle quali avrebbero magari anche pregato. Questa è la fialità dell’arte sacra, e questa precisa finalità Michele Agnoletto è riuscito perfettamente a raggiungere con pieno suo merito oltre che a sua personale soddisfazione. E soddisfazioni ad Agnoletto sono venute dalle sue affermazioni dapprima alla Ia Mostra d’Arte Sacra che si tenne a Bergamo presso la Scuola “Tre Passi” dove presentò le opere “Adorazione dei Magi” e “Crocifissione”, quindi alla Mostra Nazionale d’Arte Sacra all’Angelicum di Milano con l’opera “Il sogno di Elia”.

 

Artista completo, quindi, Michele Agnoletto, il quale ha saputo scrutare a fondo ogni realtà, donando ai suoi paesaggi, alle figure, alle nature morte e, pure, ai soggetti e alle scene di ispirazione sacra, tutto intero il patrimonio della sua intelligenza. Ne sono ve-nute delle opere che, nelle varie personali da lui tenute nelle molteplici rassegne d’arte in prestigiose Gallerie italiane, gli hanno procurato riconoscimenti a non finire. Non poteva essere diversamente, considerando che il linguaggio pittorico di Michele Agnoletto è stato prettamente a carattere universale, a tutti comprensibile, immediato per qualsiasi categoria di persone, dai giovani come dagli adulti, dai semplici appassionati d’arte ai critici d’arte più autorevoli ed esigenti. La nitidezza delle immagini, la descrittività condotta con precisa logica narrativa, la sequenza ben coordinata della costruzione sia strutturale che stilistica, altro non sono che i traguardi di Michele Agnoletto per proporre un messaggio convincente per ciascun ammiratore delle sue opere.

In definitiva è proprio questo lo scopo di un bravo artista, e Michele Agnoletto ne era profondamente conscio. Un dipinto oppure una scultura che non suscita emozioni, che lascia indifferente il fruitore, che non comunica, in forma altamente poetica, un autentico messaggio di gioia e di serenità spirituale, non è opera d’arte. E’ chiaro che il giudizio da esprimere deve attuarsi in chiave obiettiva e non soggettiva, per cui un’opera d’arte per davvero tale può anche non piacere soggettivamente, ma questo non torna a danno se tale opera è oggettivamente espressione pura dell’arte. Comunque siamo dell’avviso che ogni opera di Michele Agnoletto non trova ostacolo alcuno per essere accettata, poiché in ogni dipinto e in ogni scultura egli per davvero ha inserito un messaggio da scoprire e da rendere prezioso con successive riflessioni.

E’ il messaggio di quella bontà che era in lui, della persuasione che nel creato e nelle creature è insita una bellezza che va ben oltre i confini di un estetismo di maniera fine a se stesso, della certezza che le sue opere sicuramente avrebbero proposto un idilliaco canto di omaggio al mondo che ci sta d’attorno. Da un tale messaggio di un umanesimo puro e semplice alla proposta di un messaggio di un umanesimo integrale il passo è breve. Michele Agnoletto il “passo” l’ha compiuto con serietà e convinzione, allo scopo di salire al soprannaturale tramite il naturale, allo spirito per mezzo della materia, al gaudio mistico con l’estasi dell’amore umano.

 

A conclusione si può affermare, senza tema di smentita, il concetto già espresso: Michele Agnoletto tutto se stesso ha donato all’arte, per l’arte si è interamente sacrificato, con l’arte ha vissuto ogni giorno della sua vita, nell’arte ha trovato la possibilità di manifestare con coraggio e spontaneità un messaggio di convinta fede cristiana, rivelandosi a pieno merito un artista dedito alla gloria dell’arte.

 

Lino Lazzari

 

 

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Al cavalletto a Brera

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Con i compagni di Brera

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Assieme ai compagni di accademia

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Ritratto del padre - 1936

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Mostra degli artisti italiani in armi Roma - 1942 - “La Partenza”

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A Milano con Piera

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Il giorno del Matrimonio a Milano - 27 marzo 1941

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A Venezia con l’amico Luigi Plebani Madasco

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Attorniato dai suoi alunni della scuola media “G. Camozzi” nel 1977

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